ORTI, PIRRERE, CARCARE E MULINI – La Vallata Santa Domenica

Laboratorio della classe II D del Liceo Classico, Istituto d’Istruzione Superiore “G. B. Vico – Umberto I – R. Gagliardi” di Ragusa.
Docente: prof.ssa Carmela Leone.
Tutor videomaking: Andrea Giannone
Uno degli aspetti paesaggistici più caratteristici della città di Ragusa è rappresentato dalla Vallata Santa Domenica, oasi di verde sotto i tre ponti  che per secoli è stata una risorsa fondamentale per l’economia della città.
Era zona agro-industriale: la presenza di sorgenti d’acqua consentiva la coltivazione degli orti ritagliati nei costoni nel corso dei secoli, ferveva l’attività nelle pirrere, nelle carcare e nei mulini ad acqua, nei lavatoi le donne lavavano i panni.
Le Latomie che caratterizzano la Vallata sono grotte realizzate intorno al ‘700 per l’estrazione della pietra bianca calcarea da costruzione utilizzata per la costruzione di Ragusa. L’estrazione veniva fatta con il metodo dei “pilastri abbandonati”; sono evidenti sulle pareti e sulle volte i segni dei picconi lasciati dai cavatori nei secoli. In alcune delle enormi latomie sono state costruite delle “carcare” che servivano alla produzione della calce, ottenuta per cottura di pietra calcarea frantumata, prodotto utilizzato non solo nell’edilizia ma anche come farmaco o come fertilizzante.
La “carcara” era un forno di forma cilindrica o troncoconica, riconducibile al tholos o al nuraghe sardo, fatto di pietra “viva”, cioè di calcare duro, quello cristallino.
Per quanto riguarda i mulini, nell’800 a Ragusa si contavano 80 mulini ad acqua nove dei quali erano nella Vallata Santa Domenica.
I mulini venivano costruiti dagli stessi mugnai con l’ausilio dei mastri d’ascia per i componenti in legno, dei “firrara” per il ferro e dei “ntaghiaturi” per la realizzazione degli elementi in pietra. Il mulino siciliano era caratterizzato da una ruota idraulica a pale disposte orizzontalmente. Ogni mulino era composto da due vani sovrapposti:
– uno sottostante, dove era collocata la ruota motrice ed era chiamato “camera dell’acqua”; aveva un’altezza che spesso non superava il metro e mezzo ed era accessibile dall’esterno;
– l’altro sovrastante, dove era collocata la struttura molitoria e le apparecchiature necessarie al funzionamento; era chiamato “camera della macina” e vi si svolgevano le operazioni principali.
I mugnai stessi provvedevano poi alla manutenzione.
Nelle pareti del percorso che conduce a Ragusa Ibla, sono ancora presenti i segni degli insediamenti preistorici: le tombe a grotticella, necropoli del VII secolo a.C., messaggio indelebile nel tempo e testimonianza delle prime civiltà che vissero la Ragusa antica.